venerdì 1 maggio 2015

Due parole su Andrea Bocelli

E' curioso come il sol nominare Andrea Bocelli scateni immediatamente un putiferio su i social, aprendo solchi profondi tra schieramenti opposti di adoratori e odiatori.
Non ha fatto eccezione l'esibizione televisiva di ieri sera, seguita praticamente in diretta sui social con contorno di gustosi e controversi commenti real time.
Io una mia idea ce l'ho e provo a dirvela. Premesso che parlerò solo dell'artista Bocelli e non dell'uomo, che non conosco e di cui non ho elementi tali da farmene un 'opinione compiuta.
Andrea Bocelli nasce cantante di musica leggera, proponendo un pop melodico gradevole e senza pretese. Il successo arriva repentino e in maniera abbastanza imprevista quando ha già 37 anni col brano "Con te partirò" di Lucio Quarantotto su testo di Francesco Sartori. Il brano si classifica quarto al Festival di Sanremo senza destare particolari entusiasmi. L'anno dopo, però,  la canzone viene usata per uno spot pubblicitario in Germania ed è un successo di pubblico incredibile. E dalla Germania contagia il resto del mondo, tanto che Sarah Brightman (la moglie di Andrew Lloyd Webber) chiede di incidere il pezzo duettando con Bocelli: la canzone, con testo in inglese e col titolo "Time to Say Goodbye" sale ai vertici delle classifiche di tutto il mondo. Contemporaneamente la storia del ragazzo  italiano non vedente che sognava di fare il tenore diventa una "favola" che commuove i cinque continenti e cominciano a fioccare contratti e proposte di lavoro; per dirne una, Bocelli, fino a quel momento perfetto sconosciuto è invitato a cantare quello stesso anno l'inno dell'UEFA per la finale di Champions. Caterina Caselli, la sua discografica, capisce di aver in casa una miniera d'oro e da qui cominciano anche le controversie. Perché il sogno del buon Andrea è quello di cantare l'opera, e il fatto di avere una platea mondiale pronta ad acclamarlo e a comprare i suoi dischi mobilita una serie di personaggi, anche molto importanti (qualcuno li definirà complici) dell'ambiente operistico quali Maazel e Pavarotti, affinché il sogno diventi realtà e pure ad alti livello, anche se i mezzi vocali sufficienti a cantare la musica leggera non sono quelli necessari per cimentarsi con l'opera lirica.
Da qui parte la "questione Bocelli". Gli appassionati di lirica si rendono immediatamente conto dei limiti vocali del nuovo arrivato a cui si aprono le porte di grandi teatri e grandi eventi solo in virtù dell'acquisita popolarità. Per contro è meritoria l'attenzione che il cantante toscano catalizza sul melodramma, anche se molti suoi "seguaci" si fermano all'ascolto dei suoi dischi senza approfondire l'argomento. A tutt'oggi Bocelli ha venduto circa 80 milioni di dischi (è come se ogni italiano, neonati inclusi, avesse un suo disco e un'altra decina di milioni due...) è invitato a cantare praticamente ovunque, Casa Bianca compresa, e, in America è considerato l'erede di Pavarotti (e, musicalmente parlando, questa è un'autentica bestemmia). In pratica dal côté "musica lirica" Bocelli è visto come un usurpatore che, con mezzi vocali decisamente modesti, si può permettere, dall'alto della fama raggiunta, quello che tenori molto migliori non otterranno mai. Per contro i suoi seguaci obiettano: se vende tutti quei dischi e piace a tanta gente vuol dire che è bravo. Il punto credo che sia proprio questo: per un cocktail misterioso di fortuna, meriti e congiunzioni astrali Andrea Bocelli è diventato l'icona italiana della musica per milioni di persone in tutto il mondo a prescindere da quello che canta e da come lo canta. Solo per gli appassionati d'opera e gli amanti del belcanto il "re è nudo", ma bisogna convincersi che si tratta di temi separati: i nomi di Florez, Meli, Kunde per la maggior parte di chi compra i dischi e va agli spettacoli di Bocelli probabilmente non significano nulla ma forse è giusto così.