sabato 18 aprile 2015

Billy Budd, il trionfo del coraggio

Si è sempre rimproverato ai sovrintendenti delle fondazioni liriche e ai direttori artistici lo scarso coraggio nel mettere in cartellone opere al di fuori del grande e collaudato repertorio del melodramma. La risposta a chi chiedeva un po' di innovazione era sempre la stessa "C'è la crisi, noi dobbiamo riempire i teatri" e giù con Traviate e Trovatori, sovente allestiti in economia di scene e di voci, tanto "il pubblico comunque viene". Chissà il mio amico Giuseppe Acquaviva dove è andato trovare il coraggio di mettere in programma al Carlo Felice il Billy Budd di Britten? Due ore e quaranta di musica bellissima, raffinata ma anche decisamente complessa e difficile per i "non praticanti" del genere. Sicuramente lo ha aiutato Davide Livermore che, qualche tempo fa, mi confidava di considerare quel suo allestimento di Torino, datato 2004, forse il suo lavoro più bello. Io pensavo lo dicesse perché era stata la sua prima regia importante, che lo dicesse, insomma, per affetto. Beh, da ieri sera so che diceva sul serio. E so pure che il coraggio qualche volta paga. Il Billy Budd di Britten andato in scena ieri sera al Carlo Felice non è stato un successo, è stato un trionfo. Impossibile suddividere i meriti, quando uno spettacolo è talmente totalizzante è perché ha funzionato tutto. Interpreti perfetti, e Billy Budd necessita della copertura dei tre ruoli principali e difficilissimi, ma anche di una dozzina di ruoli comprimari tutti estremamente importanti. Orchestra e coro (anzi cori) al loro meglio sotto la direzione sontuosa di Andrea Battistoni. Ho incontrato nei camerini Andrea a fine spettacolo trovandolo stravolto (e, beato lui, ha 28 anni). "Non sudavo tanto nemmeno in Arena d'estate" mi ha detto candidamente. Lui, l'orchestra e il coro sono stati per quasi tre ore una macchina da musica travolgente: la musica di Britten, l'ho detto più volte, acquista vero significato solo dal vivo, ma ieri sera, in alcuni momenti, si è fatta fenomeno "fisico", si fatta vento e mare e rabbia e disperazione, inchiodando alle poltrone i duemila fortunati che erano in sala. La regia di Livermore ha trasformato il palcoscenico del teatro non tanto nella nave "Indomitable" ma in un luogo indefinito e terribile in continua trasformazione sotto gli occhi degli spettatori. Luci, ombre, nebbia, movimenti verticali, tutto come in una specie di lunghissimo piano-sequenza cinematografico dove, al posto della macchina da presa, c'è stato il lavoro incredibile di tutte le maestranze tecniche del teatro. Io ho 60 anni e qualche teatro l'ho girato ("I am an Old Man" direbbe il capitano Vere): ebbene, a mia memoria non ricordo uno spettacolo così coinvolgente e impressionante. L'ovazione così entusiasta e convinta, prolungatasi in dieci minuti di applausi scroscianti, che c'è stata alla fine non la sentivo qui a Genova davvero da tanto tempo. Billy Budd sarà in scena ancora il 19, 21 e 23 di aprile: vi prego, fatevi un favore, non perdetelo. 

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