domenica 12 aprile 2015

Consigli spiccioli per affrontare il Billy Budd di Britten senza timore.

Consigli spiccioli per affrontare il Billy Budd di Britten senza timore.
(da un mio articolo del 2005)

Billy Budd, sesta opera di Benjamin Britten, fu composta in circa un anno, dall’inverno del ’50 all’autunno del ’51, e segna il ritorno di Britten alla grande opera, tipo Peter Grimes, con un’orchestra completa e un vasto impianto scenico e spettacolare dopo le tre opere precedenti, The rape of Lucretia, Albert Herring e The Little Sweep, che erano state concepite per “piccole orchestre” e con arrangiamenti quasi di tipo quasi cameristico.

Analizzare le scelta stilistico-musicali di un opera come questa è estremamente difficile perché siamo di fronte a quasi 2 ore e 40 minuti di musica: splendida, raffinatissima ma inesorabilmente complessa. Britten ammetteva che il libretto, rimasto sostanzialmente in prosa anche dopo la revisione di Crozier, aveva decisamente influenzato la composizione della stessa, portando a privilegiare le soluzioni armoniche e di arrangiamento rispetto alla melodia. In realtà, non credo esista un’altra opera dove testi e musiche siano così indissolubilmente integrati: sottolinea il critico inglese Michael Kennedy, che di Britten fu anche amico oltre che biografo: “mai, in un concerto, sentirete eseguire estratti musicali dal Billy Budd, perché fuori dal contesto perderebbero qualunque forza e significato”.


Il punto è che allo spettatore del Billy Budd è richiesto una piccola aggiunta di concentrazione, ma ne vale la pena: concentratevi sullo straordinario libretto di Forster e Crozier (mai, come in questo caso, sia benedetto l’inventore dei sovratitoli in proiezione) e vedrete che quasi senza sforzo, sarete coinvolti nelle invenzioni musicali di Britten e quella che, ad un ascolto superficiale poteva sembrare musica ostica, arriverà a toccarvi sicuramente le corde dell’emozione e a coinvolgervi in uno spettacolo straordinario.


Nessun commento:

Posta un commento