L’altro grande autore napoletano di fine settecento è Domenico Cimarosa,
che napoletano di nascita non è, in quanto nasce ad Aversa (oggi provincai di Caserta) il 17 dicembre 1749.
E’ figlio di Gennaro
Cimarosa, un muratore occupato nella costruzione della Reggia di Capodimonte,
che rimarrà vittima di quella che oggi definiremmo morte bianca, cadendo dal
tetto del palazzo ancora in costruzione.
Da subito il giovane
Domenico dimostrò di essere estremamente versato per la musica, tant'è che nel
1761 fu ammesso al Conservatorio di Santa Maria di Loreto, dove rimase undici
anni studiando con Alessandro Scarlatti e Niccolò Piccinni.
Nel carnevale del 1772
debuttò come operista con la commedia per musica Le stravaganze del conte,
data nella capitale partenopea al Teatro dei Fiorentini e seguita dalla
farsetta Le magie di Merlina e Zoroastro, e fu l’inizio di una luminosa
carriera.
I suoi intermezzi comici
conquistarono Roma e di lì, con l'intermezzo L'italiana in Londra è la
volta, nel 1780, della Scala di Milano, che era stata inaugurata appena due
anni prima con Europa Riconosciuta di Salieri. L’anno dopo è la volta di
Dresda, dove, nei primi anni ottanta, ben quattro sue opere saranno tradotte in
tedesco.
A Napoli la sua fama è
così fulgida che viene nominato Maestro di Cappella Reale, con grande rabbia di
Paisiello.
Fino all’87 inanella un
successo dietro l’altro in tutti i teatri d’Italia e, per la fama anche internazionale
dovuta a Giannina e Bernardone viene chiamato da Caterina II a San
Pietroburgo dove viene pure lì nominato Maestro
di Cappella Imperiale.
Cimarosa rimase in
Russia tre anni componendo a ritmi forsennati, è comunque da ritenere come
assolutamente falsa l'affermazione di Pompeo Cambiasi e altri biografi italiani
che sostenevano che in quel periodo avesse scritto circa 500 opere!
Chiamato a Vienna da
Leopoldo II (quello di Mozart), che conosceva da quando era granduca di
Toscana, viene nominato Kappelmeister anche lì e messo in contatto con il
librettista Giovanni Bertati, il quale era stato da poco nominato a sua volta Poeta
di Corte. Questa unione generò quello che è considerato il capolavoro assoluto
di Cimarosa: Il matrimonio segreto.
Questo lavoro detiene a
tutt’oggi un record difficilmente battibile. Rappresentato al Burgtheater il 7
febbraio 1792, ebbe un tale strepitoso successo, che, nella stessa sera della
prima, per volere dell'imperatore in persona, l'opera fu rimessa in scena per
intero: unico caso nella storia dell’Opera di bis integrale.
Cimarosa ritornò a
Napoli presumibilmente durante la primavera del 1793, dopo un'assenza di sei
anni. Fu accolto con calore e il popolo lo acclamò al grido “è tornato o’
choiattone nuost” (è tornato il nostro grassone) giacché Cimarosa era alto
quasi un metro e novanta ed era decisamente sovrappeso. Il matrimonio
segreto, che fu messo subito in scena al Teatro dei Fiorentini, suscitò
così tanto entusiasmo che fu replicato per ben 110 sere di fila.
Anche Cimarosa appoggiò la repubblica napoletana
come Paisiello, ma lui ne scrisse addirittura l’inno, cosa che gli valse, da
parte del vendicativo Re Ferdinando, la condanna a morte.
La pena, grazie
all'intercessione di alcuni suoi influenti ammiratori fu commutata in esilio.
Si ritirò a Venezia, dove, l’11 gennaio 1801 morì
improvvisamente di gastrite a soli 52 anni, sollevando inevitabili voci su un possibile
avvelenamento da parte di emissari della monarchia napoletana. Pare invece si sia
trattato, molto più prosaicamente, di tifo fulminante dovuto ad una
scorpacciata di cozze.
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