Nel
1822 Domenico Barbaja, il responsabile del teatro San Carlo di Napoli (oggi
diremmo il Sovrintendente) è nei guai. L’amico fraterno Rossini lo ha lasciato
senza compositore principale e senza fidanzata in un sol colpo, fuggendo a
Parigi con Isabella Colbran. Passi la fidanzata ma il compositore serve subito.
I suoi osservatori lo informano su un ragazzo che sta riscuotendo grande
successo a Venezia, un tal Gaetano Donizetti. Le informazioni sono devvero
ottime: il giovanotto è di Bergamo, è nato in una famiglia poverissima e ha
studiato musica grazie al parroco perciò verosimilmente costa poco. Per giunta
ha ritmi di composizione altissimi ma non a scapito della qualità. Barbaja lo
convoca e lo mette sotto contratto. Probabilmente nemmeno lo scafato impresario
sospetta il reale valore di questo ragazzo altissimo, magro e taciturno,
rispettoso e gentile con tutti che nel giro di pochi anni (e in presenza di un
concorrente come Bellini) si imporrà sulla scena operistica italiana.
Nel
giro di 16 anni Donizetti arriva a scrivere la bellezza di 40 opere, invero non
tutte memorabili, tanto che una critica malevola gli affibierà il soprannome di
Dozzinetti. A smentire le malelingue basterebbe solo ricordare che al periodo
napoletano appartengono Anna Bolena
(la prima vera opera romantica dell’ottocento), La donna del lago, L’elisir
d’amore e Lucia di Lammermoor. Il
1838 è per Donizetti, che ha 41 anni, un annus horribilis, perde in un’epidemia
di colera sia la giovane moglie che i due figli e, come se non bastasse, la
censura gli boccia Il Poliuto e gli
viene preferito Saverio Mercadante per il ruolo di direttore del Coservatorio.
Come
Rossini prima di lui, anche Gaetano Donizetti abbandona Barbaja e Napoli, e,
proprio su invito di Don Gioachino, si trasferisce a Parigi dove trionfa con i
capolavori della maturità: La figlia del
regimento, La favorita e Don Pasquale. Nel 1845 si manifestano i
primi sintomi di follia che si scoprirà dipendere dalla sifilide. Ricoverato
per tre lunghi anni nel manicomio d'Ivry-sur-Seine, ne uscirà solo per esser
portato a morire nella sua Bergamo nel marzo del 1848: si spegnerà lì l’otto di
aprile a soli 51 anni.
Donizetti
ci ha lasciato in totale 65 opere complete, la più rappresentata è il Don
Pasquale, da cui è tratto il filmato qui sotto. L’inizio dell’aria, affidato in
maniera inconsueta ad un malinconicissimo assolo di tromba, ispirò, per sua
stessa ammissione, a Nino Rota il tema del Padrino II con cui vinse l’Oscar.
Altro
che Dozzinetti…
grazie,Massimo!
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