mercoledì 1 maggio 2013

Piccola storia del Melodramma: Capitolo XIV, Paisiello

Giovanni Paisiello, pugliese di Roccaforzata, nasce il 12 maggio 1740.
Studia a Napoli Conservatorio di S. Onofrio con Durante. L’idolo cinese, opera comica in napoletano  su libretto di Lorenzi, suo secondo lavoro, conquista nientemeno che Re Ferdinando e lo rende immediatamente famoso.
Un inizio di carriera così avrebbe fatto la felicità di qualsiasi musicista, invece Paisiello fu, immotivatamente, roso per tutta la vita da profonde invidie per i colleghi e rancorosi sospetti di congiure ai suoi danni. Quello che considerò sempre e unilateralmente acerrimo rivale fu il conterraneo Domenico Cimarosa, di cui tratteremo presto.
La sua fama di autore comico giunge a Mosca, dove, nel 1776 Caterina II gli offre la carica di maestro di cappella per tre anni, che saranno poi prolungati di altri quattro.
Lì metterà in scena i suoi capolavori, La serva padrona, che ricordiamo già musicata da Pergolesi e Il barbiere di Siviglia, che raggiunse subito grande fama a livello europeo. Vale la pena ricordare che, quando Rossini musicò lo stesso libretto con il titolo di Almaviva, venne sonoramente fischiato. Ai giorni nostri, con il titolo ritornato Il barbiere di Siviglia, l’opera rossiniana è la più rappresentata al mondo, mentre quella di Paisiello è caduta nel dimenticatoio, curiosa nemesi per chi aveva tentato di oscurare Pergolesi rifacendo la sua opera più famosa.
Nel 1783 torna a Napoli ed è dalla parte degli insorti della Repubblica napoletana di Pasquale Baffi e Francesco Caracciolo. E’ una delle rivoluzioni più atipiche della storia, la fanno i nobili, e sembra quasi un ossimoro; infatti la repubblica dura solo 5 mesi: a luglio, con l’appoggio della flotta di Nelson e senza l’intervento sperato dei francesi a fianco degli insorti, Ferdinando IV riprende la città. La restaurazione è feroce. 124 rivoluzionari, tutti membri delle migliori famiglie partenopee, sono condannati a morte per impiccagione, tra di loro Eleonora Pimmental Fonseca, a cui Enzo Striano dedicherà lo splendido romanzo Il resto di niente.
Paisiello se la cava con l’esilio e riesce a raggiungere Parigi, dove comporrà ancora, godendo della protezione nientemeno che di Napoleone, di cui si era conquistato i favori 5 anni prima con una marcia funebre composta per la morte del generale Hoche. Il pubblico di Parigi non lo apprezzò mai, tanto che, amareggiato e con gravi problemi di saluti, rientrò a Napoli dove morì il 5 giugno  1816.
Lasciò complessivamente 100 opere, tra cui spiccano La molinara e Nina, pazza per amore, tratta dalla “Comedie Larmoyante” dal francese Messolier de Vivetieres, tuttora in repertorio nei teatri di tutto il mondo.

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