Nel 1999 il Teatro Carlo Felice di Genova si guadagnò il prestigioso Premio Abbiati per il miglior allestimento originale dell'anno con Morte a Venezia di Benjamin Britten, regia di Pier Luigi Pizzi, direttore Bruno Bartoletti. L'opera del 1973 è considerata da molti il capolavoro del maestro inglese ed essendo anche la sua ultima fatica ne è anche un po' il testamento artistico. Quasi nulla è
modificato del plot di Thomas Mann: in una Venezia lugubre e opprimente lo
scrittore Ashenbach è costretto in una prigione dorata, l’Hotel des Bains, dal
colera che è scoppiato in città. Qui divampa il dramma di una omosessualità non
accettata, risvegliata dal bellissimo Tazio, nobile ragazzo polacco in vacanza
con la famiglia. Va
notato come, nella sua ultima opera, Britten riesce a mettere in scena un
minore che è potenziale vittima del protagonista, come abirualmente nei suoi lavori, ma anche suo involontario
carnefice. La morte a Venezia del
titolo porrà fine al tormento dello scrittore. Musicalmente è il lavoro più
maturo di Britten, contraddistinto da due grandi sviluppi di partitura; il
primo, per le scene con Aschenbach a Venezia, dove una melopea per accordi,
affidata soprattutto agli archi e ai legni, descrive una città malata sulla cui
acqua stagnante nere gondole scivolano come feretri silenziosi. L’altro, per
Tazio e le scene di spiaggia, fortemente caratterizzato da momenti ritmici,
grazie all’uso del Gamelan, piccola orchestra Balinese basata sulle percussioni,
che tratteggia l’esuberanza della gioventù che diventa poi provocazione
insostenibile per chi, ormai vecchio, non ha più tempo e possibilità per
assecondarne le passioni. Il finale (che di seguito vi propongo nell'allestimento del Liceu di Barcellona) sembra la sintesi di
tutta l’opera e forse di tutta la vita di Benjamin Britten. Aschenbach è seduto in
una sedia a sdraio sulla spiaggia del Lido e contempla da lontano Tazio che si
allontana da solo sulla battigia. L’anziano non canta, ma i suoi pensieri sono
illustrati solo dall’orchestra: una ritmata marcetta infantile progressivamente
si deteriora, come se la contemplazione del ragazzo fosse turbata da
pensieri tetri e lascivi. Poi l’arrivo della grande consolatrice, con
un’orchestrazione a note lunghe, per accordi finalmente risolti, con gli archi
sempre più esili e acuti a cui subentra l'ottavino che accompagna la breve agonia del protagonista fino a
spegnersi nel silenzio.
Britten morì d’infarto
la notte tra il 3 e il 4 dicembre 1976. Solo sei mesi prima la Regina Elisabetta
lo aveva nominato pari di Inghilterra, Lord Britten di Aldeburgh. Al suo
funerale il vescovo di Ipswich, Leslie Brown, che era anche suo amico
personale, così terminava l’orazione funebre: “Tentare di descrivere la sua
musica è come provare a catturare la luce del sole con un sacco di juta”.Perfetto.
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