mercoledì 17 aprile 2013

Piccola storia del Melodramma - Capitolo II, segue

Lo stesso anno della Dfane (1597) e quello successivo, vanno in scena altre due proto-opere ma di autori non appartenenti alla camerata ‘De Bardi, che proprio in quegli anni ha cambiato il nome in “Camerata Fiorentina” a seguito del trasferimento nel più grande palazzo di Jacopo Corsi. Entrambi gli autori di questi lavori sono monaci e, in qualche modo, antagonisti alle idee della Camerata. Il primo è il modenese Orazio Vecchi, grande madrigalista, che mette in scena a Venezia L’Amphiparnaso o Li disperati contenti, che, se da un lato rappresenta un passo indietro musicalmente, in quanto completamente polifonico con personaggi interpretati da un gruppo di voci, è pero la prima rappresentazione a tema popolare, i personaggi, cioè, sono quelli della commedia dell’arte, con tanto di Pantalone che parla in veneziano.

L’altro autore è il bolognese Adriano Banchieri, che presenta sempre a Venezia nel 1598 La pazzia senile, dramma madrigalesco su testo proprio. Questo è spesso citato come primo esempio di melodramma comico anche se il libretto appare povero e, sovente, addirittura triviale, con buona pace del saio indossato dall’autore. Anche scenicamente abbiamo qui un passo indietro, l’opera è interpretata da mimi mentre il coro polifonico è nascosto con l’orchestra dietro le quinte. Anche qui maschere: con Pantalone c’è pure Balanzone, nella trama, però, per la prima volta compare uno stilema classico del melodramma: il vecchio gabbato dai giovani amanti, proprio come nel Barbiere di Siviglia e nel Don Pasquale.

L’accoppiata Peri-Rinuccini torna in scena il 6 ottobre1600 e l’occasione è di quelle importanti: le nozze tra Maria ‘de Medici e Filippo IV di Francia. L’opera è Euridice ed è allestita a Palazzo Pitti. 
Questa volta forse ci siamo, questo è davvero il primo tentativo di opera compiuta. Il libretto in versi di 790 righe di Rinuccini presenta finalmente personaggi che interagiscono tra loro, la linea melodica di Peri è strettamente connessa con il testo e sottolinea le emozioni dei personaggi, e, soprattutto, l’alternarsi di recitativi e di arie ci portano dritti allo spirito  del melodramma come noi lo conosciamo. Jacopo Peri, che per i capelli rossi era detto “Lo Zazzerino”, e pare fosse un ottimo cantante, si riserva il ruolo di Orfeo. L’orchestra, termine forse impegnativo per un organico di quattro elementi, era composta da un clavicembalo, un chitarrone, una lira e un liuto e, come d’uso, era nascosta dietro il palco. Curiosamente Ottavio Rinuccini, vista l’occasione gioiosa della prima e sembrandogli di cattivo gusto mostrare in scena un protagonista che rimane vedovo ad una festa di nozze, modificò la trama di Orfeo e Euridice, introducendo un inconsueto lieto fine con Plutone che si fa commuovere da Orfeo e gli restituisce la sposa.

Il libretto di Rinuccini piacque tanto che, nel 1602, sempre a Palazzo Pitti, fu rimusicato, questa volta da Giulio Caccini, detto “il Romano”, benché per precisione fosse di Tivoli. Fa qui la sua comparsa una situazione tipo della lirica, la sana rivalità tra compositori, che farà spesso in futuro da motore propulsivo per la storia dell’opera. I due, in realtà sono amici e se Peri ha avuto il privilegio di essere rappresentato alle “nozze del secolo” è Caccini che diverrà certamente più famoso, perché pubblicherà il suo lavoro prima del rivale insieme con il saggio Nuove Musiche, in cui teorizza l’abbellimento, cioè “del se e del quando un cantante possa, di sua volontà, intervenire sulla partitura”, argomento di notevole attualità anche nei secoli a venire. Caccini, che è anche un ottimo cantante, è richiesto fuori dall’ambiente mediceo, soprattutto a Roma e Parigi, dove è proprio Maria ‘de Medici, ora regina di Francia, a volerlo espressamente. Caccini è diventato la prima star della storia dell’opera, ma il suo contributo non termina qui, sarà anche il padre della prima…prima donna, Francesca Caccini, detta “la Cecchina”, che, con Vittoria Archilei, detta “la Romanina”, furono i soprano più ricercati di questo periodo. 
Il melodramma, uscito da casa Bardi, cominciò a diffondersi col favore crescente del pubblico prendendo due direzioni opposte: a sud, Roma e a est, Venezia.

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