domenica 14 aprile 2013

La magnifica scala che porta in paradiso

Il 5 marzo 1971 fu eseguita dai Led Zeppelin per la prima volta dal vivo Stairway to Heaven, unanimemente considerato il loro pezzo capolavoro. Il brano era stato edito all'inizio dello stesso anno nel quarto disco del gruppo inglese che curiosamente non ha nome (a parte una scritta criptica per ideogrammi che ricorda la parola immaginaria ZOSO). Altra curiosità, del brano, che dura ben otto minuti: non fu mai fatto il singolo. Il testo fu scritto interamente da Robert Plant, cantante del gruppo, ed è apparentemente incomprensibile; sui possibili significati nascosti si sono arrovellati nugoli di specialisti e critici, scomodando anche il satanismo, senza mai arrivare a capo di quello che, verosimilmente, sembra un racconto Fantasy in rima senza capo ne coda, ma ricco di suggestive assonanze nella lingua inglese.
Quello che ha reso invece la canzone una pietra miliare nella storia del Rock (malgrado la definizione sia estremamente riduttiva) è sicuramente la costruzione musicale.
In realtà si tratta di una suite di otto minuti divisa in sei parti.
L'inizio è quanto di più lontano dal Rock si possa immaginare: una chitarra acustica tratteggia in dolce arpeggio la rilassante scala cromatica La / Sol# / Sol / Fa# / Fa, mentre la linea melodica lenta e quasi antica è tracciata da un flauto dolce. Dopo una cinquantina di secondi, entra la voce, tersa, acuta e tristissima a introdurre la storia di una signora che, convinta di poter comprare qualunque cosa, si accinge a comprare anche la scala per il Paradiso e il cantante, di questo, è grandemente stupito (It makes me Wonder).
Dopo poco più di due minuti entra una chitarra elettrica per accordi, a modificare il misterioso clima iniziale in ballata anni sessanta, con la narrazione vocale che acquista forza e convinzione.
Allo scoccare dei 4 minuti e 17 secondi entra finalmente la sezione ritmica con la batteria che fa quello che non t'aspetti: John Bonham picchia come un fabbro ferraio, facendo capire che qualcosa sta per succedere...
Contemporaneamente il modo di cantare di Robert Plant diventa nervoso e vagamente strafottente, quasi una delicata parodia dell'odiato Mick Jagger.
E poi, a cinque minuti e mezzo dall'inizio "succede". Lanciato da un'epica sequenza discendente di accordi di chitarra Jimmy Page si produce in quello che è destinato a passare alla storia (almeno per la rivista Guitar World) come il più bell'assolo di chitarra elettrica di tutti  tempi. Dura circa un minuto e Page preferì eseguirlo con una Fendere Telecaster invece della fida Gibson Les Paul, che usava in concerto, per ottenere più fluidità e compatezza di suono. Risentito anche la milionesima volta mette i brividi.
Quando il solo finisce e rientra la voce non c'è più traccia del pezzo come si presentava all'inizio; i Led Zeppelin sono tornati e si sono ripresi la scena: sembra di sentire Whole Lotta Love.
L'ultima frase urlata da Plant è un significativo "essere una roccia ma non rotolare" (to Be a Rock and not to Roll) quasi a sancire la supremazia del Rock duro, Hard appunto, sul vecchio Rock 'n Roll.
Poi spariscono tutti gli strumenti e il titolo dalla canzone è ripetuto dalla voce sola che si spegne in un silenzio pieno di rimpianto: ancora una volta sono volati via gli otto vertiginosi minuti di Stairway to Heaven.


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