L’Opera Lirica arriva a Napoli soltanto nel 1651 con la compagnia
romana dei “Febi Armonici” di Francesco Cirillo, che però è napoletano.
Rappresentano L’incoronazione di Poppea di Monteverdi ed è un tale
successo che Cirillo decide di fermarsi e adattare per oltre trent'anni le Opere
veneziane al dialetto e ai costumi napoletani con l'aiuto del poeta Francesco Provenzale.
Regnano all'epoca Carlo di Borbone, detto poi III quando ascende al trono di
Spagna, mentre prima era senza numero per discontinuità con gli angioini e i vicerè
spagnoli.
Seguirà Ferdinando di Borbone, dalla numerazione ostica: prima IV di Napoli, poi III di Sicilia, infine I
delle due Sicilie, detto il Re Nasone.
Napoli, nel '700, era la più popolosa,
importante ed economicamente attiva città d'Italia e con circa 500.000 abitanti
aveva 4 volte la popolazione di Roma e 2 volte quella di Milano.
Era la seconda città d'Europa (dopo Parigi) e la quinta
nel modo, più grande di New York e di Tokio. Era soprattutto la splendida
capitale barocca, amica delle arti, dei commerci, delle scienze, straripante di
turisti e viaggiatori. Aveva già il sistema fognario ed è stata la prima città al
mondo ad avere l'acqua corrente nelle case come pure i nomi delle strade e i numeri
civici ai portoni. L'economia era basata sull'intensa attività portuale.
L'Arsenale per la costruzione di navi, e relativo indotto, meccanica, setifici,
cotonifici, imprese tessili e pastifici davano lavoro a diecine di migliaia di
persone.
Nel Secolo dei lumi brillavano quelli napoletani: il filosofo Gian Battista Vico, i giuristi Pietro Giannone e Gaetano Filangeri che fu consulente di Benjamin Franklin per la Costituzione Americana, e gli economisti Ferdinando Galiani e
Antonio Genovesi.
Per contro, grandi masse di diseredati erano spesso in balia della Guapparia, la proto camorra dell’epoca.
Il problema della delinquenza minorile fu risolto
riconoscendo che il carcere non era adatto ai minori e un editto di Carlo III
stabilì di “conservarli in luoghi adatti al recupero” che vennero perciò
definiti Conservatori, oggi li chiameremmo riformatori.
A Napoli furono costruiti quattro Conservatori:
·
I Poveri di Gesù Cristo
·
La Pietà dei Turchini
·
Sant'Onofrio a Porta Capuana
·
Santa Maria di Loreto.
Qui si decise di formare i “quadri” per l’opera che si era
nel frattempo diffusa, iniziando allo studio degli strumenti e al canto i giovani reclusi. I conservatori aggiunsero allora l’aggettivo “musicali”.
I principali maestri furono i grandi musicisti dell'epoca: Alessandro Scarlatti, Tommaso
Traetta, Niccolò Jommelli e Nicola Antonio Porpora.
Ad Alessandro Scarlatti, che fu autore fecondissimo
(114 opere) si deve la prima codifica dell’Opera, che restò in uso fino alla riforma di
Gluck.
Le direttive principali a cui attenersi furono:
·
Sinfonia d’apertura (allegro, grave, presto)
·
Recitativo obbligato anziché secco
·
L’aria col da-capo (A-B-A)
· I numeri vocali d’assieme (concertati) alla fine di ogni
atto (in genere tre)
·
Abolizione delle danze e raro uso dei cori
·
Strumentazione con clavicembalo, archi e fiati
Dopo Scarlatti si rigetta inoltre definitivamente la mescolanza tra vicende
drammatiche e personaggi comici che era tipica dell’opera veneziana e vengono a
distinguersi due generi, l'Opera Seria e l'Opera Comica secondo questo schema:
Opera Seria Opera
Comica e intermezzo
Tratta vicende solenni ed eroiche Tratta vicende della vita quotidiana
Personaggi storici o mitologici Personaggi del ceto borghese
Cantato in italiano Cantato
spesso in dialetto
Stile dotto e forme rigide Forma
aperta e facilmente rinnovantesi
Eseguita nei teatri principali Eseguita in sale modeste
Grande organico orchestrale Orchestra esigua
Soprani e tenori Bassi
comici
Apostolo Zeno e Metastasio oscuri
poeti, poi Goldoni
Giova ricordare che la definizione Opera Comica è cosa ben diversa dall'Opèra Comique francese che sarà un genere ottocentesco in cui saranno ammessi anche dialoghi parlati ma che di comico non avrà proprio niente, pensiamo solo alla Carmen di Bizet che finisce a coltellate...
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